
Nella scorse settimane è stato compiuto un passo importante nel contesto delle riforme fiscali in Italia. Il 14 agosto sulla Gazzetta Ufficiale è stata pubblicato il testo della legge delega al Governo che contiene un esplicito riferimento ad una revisione dell'Irpef, l'imposta sul reddito delle persone fisiche.
L'evoluzione delle aliquote dell'Irpef, un processo avviato dal governo Draghi attraverso la riduzione da cinque a quattro aliquote e l'aggiustamento dei livelli di reddito, continuerà dunque con il governo Meloni.
L’obiettivo di fondo del Governo pare essere un sistema di tassazione unico, con la cosiddetta "flat tax", che si applichi a tutti i contribuenti entro la fine del mandato legislativo.
Rispetto a questo obiettivo, il dibattito politico ruota intorno alla compatibilità di una aliquota unica con il principio costituzionale cosiddetto della “tassazione progressiva”.
Su questo principio, che è presente in quasi tutte le costituzioni moderne, ognuno come sempre se la racconta e se la pettina come vuole. Il dibattito ideologico nel nostro paese è talmente di basso livello, che invece di chiarirsi su cosa significhi realmente “tassazione progressiva”, magari prendendo ad esempio i paesi dove flat-tax e tassazione progressiva convivono amorevolmente e produttivamente da decenni, i soloni delle varie maggioranze e opposizioni preferiscono vicendevolmente girareingiro, ognuno per la sua strada.
A questo proposito, sembra che il Governo Meloni, per realizzare la flat tax, adotterà passi intermedi che verranno attuati attraverso decreti nei prossimi 24 mesi. La modifica delle aliquote dell'Irpef e dei relativi livelli di reddito potrebbe già essere inclusa nella prossima Legge di Bilancio, con i primi effetti che potrebbero manifestarsi già dall'anno prossimo.
I dettagli precisi non sono ancora stati resi pubblici, ma la Prima Ministra ha anticipato che l'obiettivo a breve termine è quello di allargare la fascia di reddito coperta dal primo scaglione, nel rispetto del principio di progressività dell'Irpef, in modo da evitare criticità costituzionali.
Per rendere la flat tax conforme alla Costituzione, anziché focalizzarsi sulla "tassazione progressiva" e rischiare contestazioni ideologiche, avrà un ruolo fondamentale il sistema delle detrazioni e delle deduzioni. Infatti, tramite queste misure si manterrà una diversificazione nella tassazione in base all'entità dei redditi.
La delega prevede dunque un percorso graduale per ridurre il carico fiscale, attraverso un approccio mirato all'ottenimento di una "equità orizzontale". Questo significa che le imposte dovrebbero essere uniformi per tutte le categorie di reddito, sia per i pensionati che per i lavoratori dipendenti e autonomi.
Per raggiungere l'equità orizzontale, il primo passo dovrà essere quello di unificare la "no tax area" per tutte le categorie, ovvero il reddito al di sotto del quale non si paga l'Irpef grazie alle detrazioni. Attualmente, questa soglia varia per pensionati, dipendenti e autonomi, ma l'obiettivo è renderla uniforme, sebbene la soglia precisa non sia ancora stata stabilita.
Anche per i lavoratori dipendenti, come accade per gli autonomi, si prevede la deduzione dei costi legati alla produzione del lavoro, accompagnata dall'introduzione di una tassazione unificata e sostitutiva per straordinari, tredicesime e premi di produttività.
In merito alla riduzione delle aliquote dell'Irpef, non sono ancora state fornite indicazioni definitive. Tra le varie ipotesi di riforma, quella proposta dalla Ragioneria dello Stato contempla la fusione del secondo e del terzo scaglione di reddito, mantenendo immutati il primo e l'ultimo.
In tal caso, si avrebbe una tassazione suddivisa in tre scaglioni, con le seguenti aliquote:
- Redditi fino a 15.000 euro: aliquota del 23%
- Redditi da 15.000 a 50.000 euro: aliquota del 27%
- Redditi oltre i 50.000 euro: aliquota del 43%
Questa riforma avrebbe un impatto particolarmente positivo sui redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro, che attualmente pagano il 35% di Irpef. Con la nuova struttura, questi redditi subirebbero un abbassamento dell'8%, mentre i redditi fino a 28.000 euro, che attualmente pagano il 25%, vedrebbero un leggero aumento del 2%.
Tuttavia, l'ipotesi della Ragioneria dello Stato non è l'unica sul tavolo. La Prima Ministra Meloni ha indicato la possibilità di ampliare il primo scaglione di reddito.
In tal caso, i redditi fino a 28.000 euro potrebbero essere soggetti a un'aliquota del 23% (con un risparmio del 2% per i redditi tra 15.000 e 28.000 euro, che beneficerebbe anche le fasce di reddito più elevate). Per il secondo scaglione, che includerebbe redditi tra 28.000 e 50.000 euro, si potrebbe ipotizzare un'aliquota del 33% (anche qui con un risparmio del 2%), mentre l'aliquota per redditi superiori a 50.000 euro rimarrebbe invariata al 43%.