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Pensioni, aumento di pochi euro in arrivo. Ma il costo è sorprendente

Pensioni, aumento di pochi euro in arrivo. Ma il costo è sorprendente

A gennaio 2026 gli assegni pensionistici saranno rivalutati per adeguarli all’inflazione stimata all’1,7%. Il meccanismo di perequazione tutela il potere d’acquisto, ma dopo il biennio 2023-2024 — segnato da rincari eccezionali — l’incremento atteso sarà di pochi euro per la maggior parte dei pensionati.

COME FUNZIONANO GLI SCAGLIONI DI PEREQUAZIONE

La legge n. 448/1998 prevede una rivalutazione a scaglioni:

  • fino a 4 volte il minimo (2.413,60 € lordi/mese) adeguamento pieno: +1,7%;
  • tra 4 e 5 volte il minimo (2.413,60–3.017 €) adeguamento al 90% del tasso: +1,53%;
  • oltre 5 volte il minimo (sopra 3.017 €) adeguamento al 75%: +1,27%.

ESEMPI CONCRETI DI AUMENTO LORDO MENSILE

  • Pensione 1.000 €: +17,00 €;
  • Pensione 1.500 €: +25,50 €;
  • Pensione 2.000 €: +34,00 €;
  • Pensione 2.500 €: +circa 42,35 € (1,7% fino a 2.413,60 € e 1,53% sulla quota restante);
  • Pensione 3.000 €: +circa 50,27 €;
  • Pensione 5.000 €: +circa 75,47 € (non si arriva a 100 €).
  • Gli importi indicati sono lordi: il netto dipenderà da aliquote Irpef, detrazioni e addizionali.

IL PARADOSSO: AUMENTI MINIMI, CONTO PUBBLICO PESANTE

La spesa previdenziale e assistenziale 2025 sfiora i 355 miliardi. Un adeguamento “pieno” dell’1,7% varrebbe oltre 6 miliardi, ma gli scaglioni riducono l’onere a circa 5 miliardi per il 2026. Una parte rientrerà via imposizione fiscale sugli assegni rivalutati, ma l’impatto di cassa resta significativo e condizionerà la prossima legge di Bilancio.

RISCHI REGOLATORI: POSSIBILI CORRETTIVI IN MANOVRA

Il peso della perequazione potrebbe riaprire il dossier limitazioni/temporanee rimodulazioni per gli assegni più alti, già viste in passato e ritenute legittime dalla Corte costituzionale entro precisi paletti di ragionevolezza e temporaneità. Il tema è politicamente sensibile: eventuali tagli selettivi migliorano i saldi, ma alimentano contenziosi e scontento tra i pensionati con trattamenti medio-alti.

COSA DICONO I SINDACATI

Le organizzazioni dei pensionati ricordano che la perequazione non è un “bonus”, ma l’unico strumento stabile di difesa del potere d’acquisto. Secondo le loro stime, su trattamenti medi-alti la perdita reale dell’ultimo decennio è già rilevante. Da qui le richieste di:

  • piena rivalutazione almeno fino a determinate soglie;
  • alleggerimento fiscale sulle pensioni (pressione tra le più alte in Ue);
  • ampliamento della platea della quattordicesima.

IL QUADRO CHE SI PROFILA

Il 2026 si apre con una doppia evidenza: per i pensionati l’aumento sarà modesto, per lo Stato il costo elevato. La sostenibilità dei conti pubblici e la tutela del potere d’acquisto dovranno convivere in manovra: la scelta politica sarà tra preservare integralmente la perequazione, intervenire solo sulle fasce alte o introdurre soluzioni miste (soglie, franchigie, detrazioni) per bilanciare equità sociale e finanza pubblica.

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